La malga è un’azienda agricola ad indirizzo zootecnico, temporanea, in quanto attiva per un periodo limitato nel corso dell’anno, da 90 a 120 giorni circa. E’ costituita da un pascolo più o meno esteso, aree boschive e infrastrutture di servizio, intese come casara (in genere due frontali, la prima che funge da abitazione per il soggiorno del malghese con la sua famiglia ed i collaboratori che lavorano presso l’azienda, la seconda adibita alla produzione del formaggio), stalla, porcilaia, pozze d’alpeggio, recinzioni e chiudende, oltre, naturalmente, ad una mandria di animali.
I malghesi sono i custodi di un patrimonio di conoscenze che si tramanda di generazione in generazione fra persone che nutrono grande passione per il proprio lavoro e che contribuiscono a mantenere viva la montagna, con la sua cultura e le sue tradizioni.
Dal punto di vista tecnico la malga può essere considerata come un ecosistema complesso e viene intesa quale “unità fondiaria silvo pastorale di superficie superiore ai dieci ettari dotata di adeguate infrastrutture, costituita di pascolo, prato-pascolo e talvolta bosco, in cui sono ubicati ricoveri per il personale, per il bestiame, locali per la lavorazione del latte e per la conservazione del prodotto finito” (L.R. della Regione del Veneto 31/10/1980, n. 88) alla quale è stato di recente riconosciuto il valore e l’importanza della multifunzionalità legata non solo al processo produttivo ma anche alla preservazione dell’ambiente e del paesaggio, al potenziamento del turismo rurale e della valorizzazione socio-culturale.
Gran parte del territorio dell’Altopiano dei Sette Comuni e la quasi totalità delle strutture e delle superfici a pascolo sono di proprietà collettiva degli aventi diritto di Uso Civico, ovvero dei cittadini originari dell’Altopiano e di coloro che scelgono di risiedervi stabilmente, e sono amministrate dai Comuni (o Consorzi)
con un apposito “Regolamento per la disciplina degli Usi Civici” e dalle norme stabilite dal “Piano decennale tecnico-economico dei beni silvo-pastorali”. Le malghe sono quindi periodicamente date in concessione ai malghesi “concessionari”, aggiudicatari a seguito di asta pubblica.
L’usanza di gestire il territorio attraverso la collettività nasce con la fondazione della Spettabile Reggenza dei Sette Comuni (o Federazione dei Sette Comuni), che ne amministrava il patrimonio. Successivamente, dopo la soppressione della Reggenza nel 1807, i beni furono prima attribuiti allo Stato e poi, sotto il dominio austriaco (1815), furono restituiti agli antichi proprietari, anche se gestiti dal Regno Lombardo-Veneto. Nel 1861, i beni tornarono nuovamente alle amministrazioni locali. Nel 1926 i Comuni si accordarono per una spartizione del patrimonio precedentemente gestito congiuntamente.
Di conseguenza, tutta la parte settentrionale dell’Altopiano ricade ora nel censuario del Comune di Asiago e le varie zone vengono gestite dagli Enti locali che rappresentano i proprietari, ovvero gli aventi diritto di tutti i sette antichi Comuni. Per tale motivo per ciascuno dei Comuni si distingue il Vecchio Patrimonio (ossia quello originario del Comune) dal Nuovo Patrimonio (ossia quello aggiuntosi a seguito della suddetta spartizione). Non deve pertanto stupire che, in qualche caso, le malghe appartenenti al Nuovo Patrimonio si trovino anche molto lontano dai confini amministrativi dell’Ente competente.
Ai sensi e per gli effetti della Legge 16/06/1927 n. 1766, tutto il territorio di proprietà collettiva rimane inalienabile, indivisibile e vincolato in perpetuo alla sua antica destinazione ed appartiene in piena proprietà alla collettività.
La malga è un’azienda agricola ad indirizzo zootecnico, temporanea, in quanto attiva per un periodo limitato nel corso dell’anno, da 90 a 120 giorni circa. E’ costituita da un pascolo più o meno esteso, aree boschive e infrastrutture di servizio, intese come casara (in genere due frontali, la prima che funge da abitazione per il soggiorno del malghese con la sua famiglia ed i collaboratori che lavorano presso l’azienda, la seconda adibita alla produzione del formaggio), stalla, porcilaia, pozze d’alpeggio, recinzioni e chiudende, oltre, naturalmente, ad una mandria di animali.
I malghesi sono i custodi di un patrimonio di conoscenze che si tramanda di generazione in generazione fra persone che nutrono grande passione per il proprio lavoro e che contribuiscono a mantenere viva la montagna, con la sua cultura e le sue tradizioni.
Dal punto di vista tecnico la malga può essere considerata come un ecosistema complesso e viene intesa quale “unità fondiaria silvo pastorale di superficie superiore ai dieci ettari dotata di adeguate infrastrutture, costituita di pascolo, prato-pascolo e talvolta bosco, in cui sono ubicati ricoveri per il personale, per il bestiame, locali per la lavorazione del latte e per la conservazione del prodotto finito” (L.R. della Regione del Veneto 31/10/1980, n. 88) alla quale è stato di recente riconosciuto il valore e l’importanza della multifunzionalità legata non solo al processo produttivo ma anche alla preservazione dell’ambiente e del paesaggio, al potenziamento del turismo rurale e della valorizzazione socio-culturale.
Gran parte del territorio dell’Altopiano dei Sette Comuni e la quasi totalità delle strutture e delle superfici a pascolo sono di proprietà collettiva degli aventi diritto di Uso Civico, ovvero dei cittadini originari dell’Altopiano e di coloro che scelgono di risiedervi stabilmente, e sono amministrate dai Comuni (o Consorzi) con un apposito “Regolamento per la disciplina degli Usi Civici” e dalle norme stabilite dal “Piano decennale tecnico-economico dei beni silvo-pastorali”. Le malghe sono quindi periodicamente date in concessione ai malghesi “concessionari”, aggiudicatari a seguito di asta pubblica.














L’usanza di gestire il territorio attraverso la collettività nasce con la fondazione della Spettabile Reggenza dei Sette Comuni (o Federazione dei Sette Comuni), che ne amministrava il patrimonio. Successivamente, dopo la soppressione della Reggenza nel 1807, i beni furono prima attribuiti allo Stato e poi, sotto il dominio austriaco (1815), furono restituiti agli antichi proprietari, anche se gestiti dal Regno Lombardo-Veneto. Nel 1861, i beni tornarono nuovamente alle amministrazioni locali. Nel 1926 i Comuni si accordarono per una spartizione del patrimonio precedentemente gestito congiuntamente.
Di conseguenza, tutta la parte settentrionale dell’Altopiano ricade ora nel censuario del Comune di Asiago e le varie zone vengono gestite dagli Enti locali che rappresentano i proprietari, ovvero gli aventi diritto di tutti i sette antichi Comuni. Per tale motivo per ciascuno dei Comuni si distingue il Vecchio Patrimonio (ossia quello originario del Comune) dal Nuovo Patrimonio (ossia quello aggiuntosi a seguito della suddetta spartizione). Non deve pertanto stupire che, in qualche caso, le malghe appartenenti al Nuovo Patrimonio si trovino anche molto lontano dai confini amministrativi dell’Ente competente.
Ai sensi e per gli effetti della Legge 16/06/1927 n. 1766, tutto il territorio di proprietà collettiva rimane inalienabile, indivisibile e vincolato in perpetuo alla sua antica destinazione ed appartiene in piena proprietà alla collettività.
L’attività di alpeggio è testimoniata per la prima volta in forma scritta da un atto di assegnazione di terre da destinare al pascolo in località Marcesina del Comune di Enego, datato 983; perciò da più di 10 secoli le praterie sono utilizzate con continuità dagli allevatori quali risorse foraggere per le greggi e le mandrie.
Già nel 1300 le praterie naturali non furono più sufficienti a sfamare il numero sempre maggiore di animali allevati e iniziò così su larga scala il disboscamento, al fine di ricavare nuove superfici da destinare al pascolo. Ciò provocò gravi dissesti idrogeologici nelle aree a forte pendenza, tanto da indurre le autorità del tempo (Consiglio dei Dieci della Repubblica Veneta), ad emanare norme a salvaguardia della foresta.
Nel 1404 l’Altopiano attuò il Patto di dedizione alla Repubblica Veneta, che fra gli altri privilegi concessi dalla Serenissima include anche il diritto di pensionatico, ovvero il diritto riservato agli allevatori dell’Altopiano di pascolare liberamente e a titolo gratuito le proprie greggi sui suoli della Pianura Veneta dall’autunno alla primavera inoltrata.
A seguito della caduta della Repubblica di Venezia nei primi anni del 1800, vi furono notevoli cambiamenti politici e con essi l’eliminazione del diritto di pensionatico. La diretta conseguenza fu la diffusione di un nuovo modo di allevare il bestiame, che da transumante divenne prevalentemente stanziale, con contestuale diminuzione delle pecore e aumento dell’allevamento del bovino da latte che, durante il periodo estivo, era e viene tuttora trasferito sui pascoli d’alta quota al fine di utilizzarne le risorse foraggere.
Nello stesso periodo il formaggio di “Asiago”, da pecorino (pegorìn), divenne il prodotto vaccino che oggi conosciamo. La creazione del formaggio Asiago d’Allevo, oggi conosciuto in tutto il mondo, è infatti una produzione antica, tramandata da generazione in generazione fino ai giorni nostri, che si effettua ancora secondo metodi tradizionali ed unici che gli conferiscono un sapore, un colore ed un gusto che racchiude le essenze del cotico erboso e dei fiori dei pascoli alpini.
Negli anni 1915-1918 la Prima Guerra Mondiale interessò direttamente l’Altopiano per tutti i 41 mesi della durata del conflitto e ne sconvolse il tessuto sociale ed economico. Oltre alla immane tragedia umana e alla distruzione dei paesi e delle contrade, vastissime superfici a pascolo, a prato e a bosco divennero veri e propri campi di battaglia e furono completamente devastate. Quasi tutte le casare e le stalle presenti, costruite impiegando il legno, vennero distrutte.
Furono necessari molti anni di lavoro per bonificare e recuperare i pascoli e ricostruire le casare, per le quali il legno venne sostituito dalla pietra e dalla più pratica lamiera.
Dagli anni ’70 ad oggi, grazie ad una crescente sensibilità in merito alla necessità di mantenere viva tale forma di agricoltura di montagna, sono stati realizzati molteplici interventi di ammodernamento delle strutture finalizzati ad accrescerne gli standard, soprattutto dal punto di vista igienico sanitario: separazione e adeguamento degli ambienti di lavorazione e produzione, dotazione di serbatoi per la raccolta dell’acqua piovana e di relativi impianti di trattamento, realizzazione di impianti elettrici e fotovoltaici, servizi igienici, sale per mungitura, lavaggio e deposito latte. Tali attività proseguono tuttora, con l’ulteriore ambizioso obiettivo di rendere le malghe idonee all’accoglienza turistica, nelle declinazioni consentite in base ad ogni specificifico contesto strutturale ed ambientale.

In autunno, i pascoli siti sulla sommità dei dossi erbosi costituiscono delle vie di passaggio privilegiate per gli uccelli migratori, tra cui lucherini, fringuelli, tordi, cesene.
Negli anni, anche la vita di malga, se pur molto impegnativa e con gli stessi ritmi di un tempo, in molte realtà è migliorata. Le amministrazioni comunali, in collaborazione con l’Unione Montana, sono continuamente impegnate ai fini dell’adeguamento igienico sanitario delle strutture delle casare, sia per rendere decorosa la vita in questi ambienti che per garantire un prodotto di malga sicuro e genuino ai turisti, sempre più interessati a queste realtà rurali e ai formaggi caratteristici ed unici di ogni singola malga.
- danni economici diretti e indiretti, quali la perdita economica dovuta alla morte degli animali, la ridotta produzione zootecnica dovuta alle condizioni di stress subite, l’atteggiamento più aggressivo dei capi alpeggiati nei confronti dei visitatori (soprattutto se in possesso di cane) e la ridotta disponibilità degli allevatori a condurre in malga altri animali, a causa del rischio di predazione;
- aspetto meno evidente ma fondamentale è la modifica delle modalità di pascolamento da parte degli animali, che sembrano infatti aver reagito spostandosi nelle vicinanze delle stalle, dove si sentono più protetti. Si verifica pertanto un aumento della densità di stazionamento (sia pascolamento che riposo), dell’utilizzazione dell’erba e della deposizione di feci; dall’altra parte, si verifica la sottoutilizzazione e il rischio di rimboschimento delle aree lontane.
- alta concentrazione di allevamenti di vacche da latte sia nell’Altopiano che nella vicina zona di pianura (alto padovano e vicentino orientale);
- malghe con infrastrutture in grado di fornire servizi adeguati alle esigenze attuali dell’allevamento; grazie ad interventi continui di adeguamento igienico sanitario agli stabili, ora in molte malghe è infatti possibile la trasformazione del latte e quindi la produzione casearia secondo le prescrizioni imposte dal sistema sanitario e in totale sicurezza;
- interessanti interventi economici di sostegno;
- valorizzazione commerciale ed economica dei prodotti di malga, favorita dall’appartenenza ad aree di produzione tipica di formaggi riconosciuti a livello internazionale;
- elevata frequentazione del territorio, facilitata da una estesa rete stradale di collegamento tra i centri abitati e le malghe.
Tra le fonti: La Via delle Malghe – Comunità Montane Spettabile Reggenza dei Sette Comuni e Dall’Astico al Brenta, a cura di Silvia Dalla Costa e Gianbattista Rigoni Stern.